venerdì 12 ottobre 2012

Coppette Miste Speziate



Qualche anno fa si parlava di Happy Hour, espressione tipica inglese, usanza nata proprio in Inghilterra,  in pratica una promozione per invogliare la clientela, con l’offerta di due bevande al prezzo di uno, a recarsi a bere nei pub, in quella fascia d’orario desueta che coincideva con l’uscita dal lavoro e dalle fabbriche. Qui da noi l’Happy Hour invece offre aperitivi con ricco buffet da cui spizzicare a prezzi “popolari”.
Subito a seguire, ecco apparire il brunch, usanza che io adoro particolarmente per la possibilità di gozzovigliare tra dolce e salato in una fascia oraria che ingloba la colazione e il pranzo, sino ad allungarsi nel primo pomeriggio. Il brunch, così informale, sfizioso, comodo è per eccellenza un’usanza dei giorni di festa, quando magari ci si alza tardi e non c’è tempo per fare la colazione ed il pranzo. I cibi vengono reinventati e sulla tavola si trovano a buffet proposte dolci e salate a coccolare qualsiasi palato. Il brunch ormai è una divertente abitudine che ha preso piede in tutto il mondo diversificando anche la proposta dei menu proposti. Si parla così di brunch americano quando la tavola è caratterizzata da un buffet a base di muffins, hamburger, cheesecake, egg & bacon; c’è poi il brunch etnico che spazia ovviamente su proposte etniche caratterizzate dal gusto fortemente speziato; curioso è il brunch cinese,  il “dim sum” che sta prendendo piede in tutti i vari ristoranti cinesi del mondo.  Le ultime tendenze di moda oggi sono: il  drunch quando trattasi di un ricco buffet che “ingloba” merenda, aperitivo, cena e il “Fusion” ovvero proposte "finger food”  che uniscono chicche orientali (in special modo giapponesi) a prodotti tipici del territorio.

E così nasce questo stuzzichino, un po’ per gioco, un  po’ per provare accostamenti di sapori inusuali. Carina la presentazione in piccole coppettine. Uno sfizio versatile per un Happy Hour, un brunch, un drunch o una più verace merenda campagnola fatta con l’arte del riciclo, per quando avete salumi e formaggi che attendono nel vostro frigorifero un seno del destino che eviti loro l’infausta visita nella pattumiera. 

Coppette Miste Speziate

Ingredienti
Avanzi di salame
Avanzi di pecorino
Polvere di pistacchi
Scagliette di mandorle pelate e tostate
Erbe aromatiche balsamiche: origano, rosmarino, salvia
Spezie: pepe nero, bacche di ginepro
Olio extravergine d’oliva
Biscottini salati

Preparazione
Tagliare a cubetti il salame e il pecorino. Metterli in un contenitore e condirli con abbondante olio extravergine d’oliva, le erbe aromatiche, le spezie e le mandorle. Fare insaporire il tutto per qualche ora mescolando di tanto in tanto. Servire in piccole coppette. Decorare con pistacchi tritati, qualche lamella di mandorla tostata e un biscottino salato.

In abbinamento:  un vino bianco morbido, di buona struttura gusto olfattiva come un Collio Chardonnay, dai profumi ricchi che ricordano gli agrumi, i fiori d'acacia, la mela, la frutta secca e leggere note vanigliate. Di buona acidità in perfetto equilibrio con un'elegante morbidezza e di buona persistenza aromatica.


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venerdì 5 ottobre 2012

Il Castagnaccio

 
“Il castagnaccio fa parte di quelle “preziose” ricette della tradizione povera contadina perché la castagna era un alimento molto diffuso che stava alla base della loro alimentazione, di poco costo e di grandissimo nutrimento.
All’origine il castagnaccio era un piatto estremamente povero ma assai nutriente fatto solamente con farina di castagne e acqua, veniva considerato uno “sfamicafamiglie” poiché era un alimento sì povero ma sostanzioso e, riempendo velocemente, in grado di levare la fame nei tempi di miseria.  Talvolta quando l'orto lo permetteva si usava anche il rosmarino e quando c'era la spremitura delle olive lo si condiva con un goccio d'olio "nòvo"; solo in seguito, con l'arrivo del "benessere", sono stati aggiunti tutti gli altri ingredienti.
Le origini del castagnaccio sono molto remote, la ricetta viene scritta per la prima volta da un tale Pilade da Lucca che la fa risalire ad un’usanza tipica della provincia senese.
Il nome può variare da migliaccio a pattona a toppone ad altri nomi più strettamente regionali, ma gli ingredienti di base rimangono sempre gli stessi: farina di castagne, olio extravergine d’oliva, acqua e rosmarino. Per quanto riguarda le varianti può essere arricchito, a seconda della zona, anche da uvetta, pinoli, zucchero, mandorle, semi di finocchio, cioccolato, scorzette d’arancia candite, fichi secchi, prugne, grappa, liquore e così via. Questo dipende anche dalla freschezza della farina di castagne: più è fresca meno ha bisogno di aggiunta di altri ingredienti per essere migliorata e addolcita.
L’altezza varia dal centimetro (una sorta di schiacciata) ai 2-3 cm, ma c’è anche chi lo preferisce più alto come una normale torta di castagne. Poi c’è chi preferisce gustarlo caldo, chi tiepido, chi freddo e chi lo gusta accompagnandolo con della ricotta vaccina freschissima, con il miele di castagno, con un generoso bicchiere di vin santo o con del vino novello, più recente è la moda di accompagnarlo con un ciuffo di panna montata.
Per quanto riguarda la presenza del rosmarino che caratterizza questa preparazione una leggenda racconta che le foglioline fresche utilizzate per profumare il castagnaccio costituivano una potentissima pozione d’amore e il giovane che avesse mangiato un pezzo di “gnaccia” offertogli da una ragazza si sarebbe completamente innamorato di lei e l’avrebbe sposata.
Il castagnaccio ha avuto un periodo di oblio dopo la seconda guerra mondiale dovuto al crescente benessere e all’abbandono della cucina “povera”. E’ stato poi riscoperto ultimamente grazie alle sue grandi proprietà nutritive e oggi è protagonista indiscusso di molte sagre autunnali.
Non c’è niente di meglio di una bella fetta di sano e profumato castagnaccio per sostituire le non sempre sane merendine preconfezionate dei nostri bimbi, e approfittare di questo momento di merenda magari per raccontare loro qualche storia “di una volta”, quelle storie che i bambini ascoltano sempre molto volentieri, con la bocca aperta di meraviglia”  
di Laura De Vincentis – Articolo tratto dal periodico Cara Montepulciano edito da Thesan & Turan,  Settembre 2010

La ricetta che trovate qui è quella più comune della tradizione senese  preparata con la splendida farina dell’Amiata. A differenza della ricetta originale, questa è una ricetta più ricca, “da signori” poiché prevede l’utilizzo di circa 130 g di zucchero e il Vin Santo, al posto dell’acqua tiepida, per fare rinvenire l’uvetta.

Castagnaccio
di Laura De Vincentis

Ingredienti
400 g di farina di castagne
Mezzo bicchiere di olio extravergine d’oliva
70 g di pinoli
70 g di uva passa fatta rinvenire in acqua tiepida
(o nel Vin Santo nella variante “da signori”)
Rosmarino
1 pizzico di sale
Acqua tiepida q.b.

Preparazione
Stemperate la farina con l’acqua, mescolando con una frusta, sino ad ottenere una crema densa senza grumi. Aggiungete l’olio, un pizzico di sale, i pinoli e l’uvetta (ben strizzata e asciugata) avendo cura di tenere qualche pinolo e un poco di uvetta da parte. Amalgamare per bene il composto. Ungere una teglia tonda con olio extravergine d’oliva lasciandone sul fondo un piccolo strato. Versare la pastella nella teglia, l’altezza dovrebbe non superare i 2 cm, condire con un filo d’olio, i pinoli e l’uvetta  messa da parte e abbondanti foglioline di rosmarino. Infornare a forno già caldo a 180° per circa 45 minuti. Il castagnaccio non deve seccare, deve risultare di un bel colore bruno ma dentro deve mantenersi morbido. Si serve preferibilmente tiepido accompagnato da ricotta fresca o da un ciuffo di panna montata.

In Abbinamento: un bicchierini di Vin Santo del Chianti Classico. Dal bellissimo colore ambrato, al naso presenta sentori di miele, speziatura dolce, frutta candita e secca come la mandorla. In bocca ritorna l'elegante bouquet fruttato, di buona morbidezza, ottima spalla acida e di persistenza aromatica importante.




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venerdì 28 settembre 2012

Radiatori alla Crema di Peperoni


Ma lo sapete che ad ogni colore del peperone corrispondono delle determinate  proprietà?
Verde, depurativo: il peperone ha questa tinta quando viene raccolto in anticipo e ha un gusto pungente. Ideale nella peperonata o nell'insalata. Verdi sono anche i "friarelli": sono coltivati in Campania e, nonostante l'aspetto simile al peperoncino, sono dolcissimi.
Rosso, il più saziante: ha una polpa croccante, spessa e zuccherina: ideale per i pinzimoni e cotto alla brace, sazia in fretta ed è il più ricco di principi nutritivi.
Giallo, antiossidante: è il più tenero e succoso. Combatte i radicali liberi. Ottimo crudo, si usa col pomodoro per rendere corposi i sughi. 
(tratto da www.riza.it)

Radiatori alla Crema di Peperoni

Ingredienti x 4 persone
350 g di pasta Verrigni formato radiatori
2 peperoni carnosi
1 scalogno
50 g pancetta affumicata
30 g burro
100 g formaggio morbido
Sale
Parmigiano grattugiato
Foglie di salvia tritate

Preparazione
In una tegame sciogliere il burro, aggiungere lo scalogno tagliato a velo e la pancetta a cubetti.  Soffriggere per qualche minuto. Aggiungere i peperoni tagliati a listarelle, mezzo bicchiere di acqua calda e fare cuocere a pentola coperta e fiamma medio bassa per una ventina di minuti o sino a che il liquido non è completamente evaporato. Regolare di sale. Passare il tutto al mixer insieme al formaggio cremoso.  Nel frattempo bollire la pasta tenedola al dente, scolarla e saltarla con la crema di peperoni. Servire con una spolverata di parmigiano e di salvia tritata.

Crema di Peperoni con il Bimby
Tritare i peperoni con lo scalogno e la pancetta: 10 sec. vel.8. Aggiungere il burro e cuocere 20 min. 100° vel 4. Aggiungere il formaggio cremoso 10 sec vel 5 se necessario diluire con qualche cucchiaiata d’acqua calda.

In abbinamento: ci troviamo davanti ad un piatto di buona sapidità, grassezza, aromaticità e tendenza dolce, in abbinamento possiamo proporre un Colli Orientali del Friuli Verduzzo Friulano un vino che si presenta con un bel colore giallo dorato. Al naso presenta sentori di albicocca, susina, pesca e miele. Al palato è secco, strutturato, abbastanza alcolico ma di buona morbidezza e persistenza gusto-olfattiva.


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venerdì 21 settembre 2012

Amaretti Sardi


Gli amaretti sardi sono tra i dolci più conosciuti dell’isola. Il loro aspetto, la loro consistenza fragrante all’esterno e morbida  all’interno, il loro intenso gusto di mandorla, li rende sempre molto apprezzati anche oltre i confini sardi. Semplicissimi da preparare sono ottimi da regalare in ogni occasione e nelle feste più importanti. Ogni famiglia ha la sua ricetta che viene tramandata da generazione in generazione.

Amaretti Sardi
ricetta di famiglia di Gian Paolo Lilliu

Ingredienti
300 g di mandorle dolci pelate
60 g di mandorle amare pelate
Scorza grattugiata di 2 limoni
250 g di zucchero semolato
3 albumi montati a neve ferma (4 se le uova sono piccine)
Zucchero semolato
Mandorle intere pelate
Ciliegine candite

Preparazione
Tritare finemente le mandorle con lo zucchero e la scorza di limone. Aggiungere delicatamente gli albumi montati a neve ben ferma. Far riposare il composto qualche ora in frigorifero, se il composto dovesse risultare troppo morbido aggiungere 1 o 2 cucchiai di farina. Formare delle palline grandi come una noce. Rotolarle nello zucchero semolato e disporle in una teglia ricoperta di carta forno. Guarnire le palline con mezza ciliegina candita o con una mandorla intera. Infornare a forno caldo 180° per circa 20 minuti. Gli amaretti devono dorare leggermente ma mantenersi estremamente morbidi all'interno.

In Abbinamento: un profumato vino da meditazione e da dessert: la Malvasia di Cagliari DOC. Un vino che presenta un colore giallo paglierino brillante tendente al dorato. Al naso presenta aromi eleganti, intensi ma nel contempo delicati di fiori e frutta caratteristici del vitigno. In bocca le sfumature vanno dal dolce al secco in perfetto equilibrio, caldo, morbido, di buona struttura, con un caratteristico retrogusto di mandorle tostate.


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venerdì 14 settembre 2012

Carabaccia



La carabaccia è un’antica zuppa di cipolle di origine fiorentina. Nel Rinascimento era una zuppa dolce e speziata a base di cipolle, zucchero, cannella e mandorle. La Carabaccia è a tutti gli effetti l’antenata della famosissima “soupe d’oignons”, non a caso questo piatto è stato fatto conoscere in Francia da Caterina de’Medici. Il nome Carabaccia deriva dal greco e significa barca a forma di guscio, non a caso più tardi il guscio si identificherà con la zuppiera.

Carabaccia
dal libro “Zuppe Toscane” 
di Laura De Vincentis

Ingredienti
5 cipolle bianche
80 g di prosciutto crudo
80 g di salsiccia
Rosmarino
1 bicchiere vino bianco secco
Olio extravergine d’oliva
Pane casereccio
Parmigiano

In cucina con l’Antro:
Casseruola Auriga BergHOFF

Preparazione
Scottare le cipolle per circa 10 minuti in acqua bollente. Farle raffreddare sotto il getto d’acqua fredda e tagliarle a velo. In una pentola di coccio mettere qualche cucchiaiata d’olio e farlo rosolare con il prosciutto crudo tagliato grossolanamente, la salsiccia ben sgranata e il rosmarino. Aggiungere le cipolle e fare prendere un po’ di colore a fuoco medio. Sfumare con un bicchiere di vino bianco secco. Aggiungere infine 1 litro d’acqua bollente e fare bollire il tutto per circa 40 minuti. A questo punto, secondo i vostri gusti, potete passarla al mixer, per renderla una vellutata. Tostare le fette di pane e sistemarne una per scodella. Versarvi sopra la Carabaccia e cospargere di parmigiano. Attendere qualche minuto prima di servire per fare amalgamare per bene i sapori. Prima di portarla in tavola ho aggiunto in ogni piatto una piccola quenelle di ricotta e parmigiano e una spolverata di timo.

Note: Per chi volesse provare la versione Rinascimentale, aggiungere circa 80 g di mandorle sbucciate, tritate e fatte macerare per qualche minuto in aceto e cannella. Al posto del parmigiano spolverare con zucchero e cannella. 

In abbinamento:  imaniamo nel territorio con una vernaccia di San Gimignano DOCG. Questo vitigno arrivò in Italia dalla Grecia nel XIII secolo. Nel 1276 lo troviamo già citato citato negli Ordinamenti di gabelle del Comune di San Gimignano. La vernaccia si presenta con un bel colore giallo paglierino tendente al dorato con l’invecchiamento. Al naso si presenta fine, fruttato, floreale. Al palato è asciutto, fresco, sapido, di buon corpo, armonico di buona persistenza e con  piacevole finale ammandorlato.


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venerdì 7 settembre 2012

Zorama


Arriva l’autunno e inizia a farsi sentire la voglia di dolci semplici, che profumano di casa e di cose buone di una volta. Cosa c’è di meglio di un bel ciambellone per iniziare al meglio la giornata? Oggi parliamo della Zorama, un nome decisamente insolito che sta ad indicare in Toscana una ciambellone attorcigliato, variegato o più volgarmente conosciuto come marmorizzato. Zorare è infatti un termine d’altri tempi che significa attorcigliare, variegare. Non a caso anche l’Artusi racconta di un dolce il cui nome è Zorama che viene da lui definito come  “un dolce, marmorizzato di bianco e nero” ovvero di panna e cacao.

Zorama
ricetta tratta dal libro “Dolcezze di Toscana”
di Giovanni Righi Parenti

Ingredienti

250 g farina
250 g fecola
250 g zucchero
3 uova medie
150 g latte
100 g burro
la buccia grattugiata di un limone
un pizzico di aroma alla vaniglia
1 bustina di lievito per dolci
50 g di cacao in polvere
50 g di schegge di cioccolato fondente
Zucchero a velo

Preparazione
Preriscaldare il forno a 180°. Impastare tutti gli ingredienti e dividere la pasta in due parti. In una si aggiungerà il cacao in polvere e nell’altra le schegge di cioccolato. Si imburra uno stampo da ciambellone e, con una tasca da pasticceria a bocchetta larga, fare un primo fondo di uno dei due impasti cui seguirà il secondo che andrò a riempire i vuoti lasciati dal primo. Si può utilizzare anche un cucchiaio versando l’impasto a cucchiaiate alternate nello stampo. Si completa con una spolverata di zucchero vanigliato e si inforna per circa 45 minuti (fate la prova stecchino). Fare raffreddare prima di sformare il dolce. Servire cosparso di zucchero a velo.

In abbinamento: il dolce va abbinato per concordanza, e per questo dolce rimaniamo anche nel territorio toscano con un Vin Santo del Chianti DOC. Un vino che arriva le cui radici affondano in tempi lontani quando la sua preziosa preparazione veniva tramandata oralmente da padre in figlio. Trattasi di un vino passito o vino della paglia perché le uve che servono per la sua produzione vengono raccolte a settembre e fatte appassire o appese alle “penzane” o su stuoini di paglia sino a gennaio . Ne otteniamo un vino dolce dal bellissimo colore ambrato. Al naso si presenta intenso, etereo, con spiccati sentori di frutta candita, miele, vaniglia, uva passa e speziatura dolce. In bocca è vellutato, caldo, una buona spalla acida bilancia la dolcezza rendendo il vino armonico. Il finale è lungo e piacevole.


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venerdì 3 agosto 2012

Schertorte


Oggi per Belle in pentola un dolce importante! Un dolce che trova il consenso di tutti, grandi e piccini. Una torta blasonata con una storia importante alle spalle: la Sacher.

Vienna nell’anno 1832. La leggenda narra di Franz Sacher, giovane apprendista cuoco alla corte del Principe Metternich, che a causa dell’improvvisa malattia del capo cuoco dovette improvvisare un dessert speciale per alcuni ospiti di riguardo... Lui creò una delicata torta al cioccolato con la farcitura di marmellata di albicocche leggermente speziata e ricoperta con una ricca glassa di cioccolato. Il gradimento degli ospiti si rivelò stravolgente. In breve tempo il dolce, chiamato appunto Original Sacher-Torte, divenne famoso e richiesto in tutti i casati nobilari e alle feste dell’alta società europea.
Dal 1832 la ricetta originale dell’Original Sacher-Torte viene custodita gelosamente. La più, probabilmente, famosa torta del mondo viene prodotta da ben 175 anni esclusivamente nella pasticceria Sacher a Vienna. Attualmente dai forni escono ogni giorno diverse centinaia di confezioni per essere inviate alle pasticcerie, ai caffè e nei centri-shop che Sacher gestisce in proprio sotto questo nome. La denominazione Original Sacher-Torte è protetta e di proprietà dello Sacher Hotel di Vienna.
L’Original Sacher-Torte è un soffice dolce al cioccolato farcito con uno strato di marmellata di albicocche e ricoperto con una ricca glassa di cioccolato. Le torte vengono prodotte esclusivamente nella pasticceria Sacher a Vienna, confezionate in originali cofanetti di legno che ne conservano la qualità e si prestano come simpatica confezione regalo. L’Original Sacher-Torte contiene solamente ingredienti naturali ed è priva di conservanti.
Il nome ed il prodotto sono registrati a livello mondiale, e non esiste alcuna licenza di rivendita.   (dal sito Sacher Shop)

Sachertorte
dal libro I Dolci di Anneliese Kompatscher

Ingredienti
150 g cioccolato fondente
150 g burro
150 g zucchero
5 uova
150 g farina
Marmellata di albicocche

Per la glassa opaca
75 g zucchero
100 ml acqua
1 tavoletta (100 g) di cioccolato fondente

Preparazione
Spezzettate il cioccolato e fatelo sciogliere a bagnomaria. Lavorate a crema il burro, tenuto a temperatura ambiente, con lo zucchero. Unitevi il cioccolato a cucchiaiate e sempre rimestando i tuorli uno alla volta. Montate a neve molto soda gli albumi e aggiungetene una parte al composto di burro servendovi della frusta. Quindi incorporate delicatamente il resto della meringa con un cucchiaio di legno mescolando delicatamente dall’alto verso il basso per non smontare il composto. Foderare di carta oleata (o carta forno) uno stampo tondo a cerniera, oppure imburratelo e infarinatelo per bene. Versarvi il composto e cuocetelo a forno caldo, 180°, per circa 50 minuti (fate la prova stecchino).  Fare raffreddare completamente il dolce, tagliatelo a metà e farcitelo con la marmellata. Portate poi a ebollizione due cucchiai di marmellata con un cucchiaio d’acqua passatela al setaccio e spalmatela sulla superficie della torta. Per ottenere la glassa opaca tipica di questo dolce, sciogliete lo zucchero nell’acqua e, sempre mescolando, fatelo bollire per 5 minuti in un pentolino dal fondo spesso. Levate del fuoco e unitevi il cioccolato, mescolare per scioglierlo sino ad ottenere un composto liscio. Ponete nuovamente il composto sul fuoco (fiamma bassa) e fatelo cuocere sino a che si sarà addensato e una piccola quantità del composto, se versata in acqua fredda,  formerà una pallina molle. Togliete dal fuoco la glassa e rimestate ancora per 3 minuti in modo da raffreddarla un poco, poi versatela rapidamente e spalmatela in modo uniforme sulla torta. Tenetela al fresco (ma non in frigorifero!), servitela alla temperatura di 16° accompagnata con della panna montata non dolce e una tazza di “cafe” nero.

In Abbinamento: il cioccolato e senz’altro uno tra i cibi più difficili da abbinare al vino. In questo caso un vino liquoroso, fortificato è quello che fa al caso nostro. La scelta cade su un Madeira. Originario dell’isola di Madeira, questo vino deve le sue eccellenti qualità al processo di “estufagem” che consiste nello scaldare il vino per un minimo di 90 giorni. Il sapore caratteristico di questo vino è dovuto proprio a questo accelerato processo di maturazione, insieme al processo di ossidazione ottenuto tendendo volutamente in vino a contatto con l’aria. A causa di questi due processi che favoriscono la stabilità del vino il Maderia è uno dei vini più longevi, infatti può essere bevuto anche dopo un paio di secoli. Di Maderia ne esistono diverse tipologie, quelle indicato con la Sacher è il Malmsey che è la tipologia più dolce. Dal colore oro scuro, al naso si presenta complesso con sentori di frutta matura e candita, speziatura dolce come la cannella, fichi secchi, zucchero caramellato e miele. In bocca è caldo, vellutato, elegante ritornano i sentori di frutta e speziatura dolce,  di ottima spalla acida a contrastare la dolcezza. Di lunga persistenza aromatica.
 
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venerdì 27 luglio 2012

Bottoncini di Sfoglia con Pesto, Pomodorini e Scaglie di Mandorle



Un’idea per un appetizer veloce che profuma d’estate: pomodorini maturi, profumatissimo pesto e a guarnire tante scagliette di mandorle. Il pomodoro, un ortaggio estivo che ci accompagna nelle nostre vacanze, ma molti di voi forse non sanno che il pomodoro è anche nemico della vecchiaia!

“Per per combattere l'invecchiamento, non c’è niente di più efficace del pomodoro: antiossidante per eccellenza. A detta di molti esperti non esiste farmaco efficace contro i radicali liberi come lo è il pomodoro. Possiamo tranquillamente affermare che un pomodoro, ricco di betacarotene, licopene e vitamina è più efficace, contro l'invecchiamento, di qualunque medicina, crema e cremina. L’utilizzazione del pomodoro, o di suoi derivati, nella cucina mediterranea ed extra-mediterranea, è talmente diffusa che sembra impossibile immaginare che la pizza, la pasta e tanti altri piatti, sono nati e vissuti a lungo (la pizza per millenni) senza la sua presenza, così come sembra strano che il pomodoro non sia nato nel bacino del Mediterraneo, ma ha origini ben più esotiche e solo in tempi relativamente recenti è divenuto un alimento principe della cucina italiana. Il pomodoro è originario del Sud America, delle regioni tropicali e sub-tropicali del Perù e dell’Ecuador, dove ancora oggi è possibile trovare delle specie selvatiche dai frutti piccoli, simili, tra le varietà attualmente coltivate, al tipo Cherry o “pomodorino ciliegia”. Secondo alcuni studiosi, il nome inglese “tomato” deriva dall’azteco “xitomate” o “zitomate”, mentre secondo altri da “tomati”, nome con cui alcune popolazioni indigene del Messico, chiamavano i frutti della pianta di pomodoro di cui si nutrivano. Il termine italiano “pomodoro”, invece, è riconducibile al colore giallo dei primi frutti apparsi in Europa, alla fine del ’500, soppianti poco dopo da varietà a frutto rosso, anch’essi presenti nell’America Meridionale; dal Messico, dove era coltivato in mezzo al mais, il pomodoro giunse in Spagna. Attraverso il possedimento spagnolo di Napoli, nel sec. XVI, il pomodoro, inizialmente considerato una pianta medicinale entrò nella cucina italiana, attribuendogli il nome di “mela d’oro” o “pomo d’oro”. Dalla Spagna, al seguito degli Arabi, il pomodoro giunse in Sicilia, dove si ritrovano le più antiche ricette italiane a base di pomodoro.” (dal sito pizza.it)
 
Bottoncini di Sfoglia con Pesto, Pomodorini
e Scaglie di Mandorle
idea presa dal blog La Polpetta Perfetta

Ingredienti e Preparazione
Preriscaldare il forno a 190°. Stendere la pasta sfoglia e con un coppa pasta ricavarne dei piccoli cerchi. Spennellare ogni cerchio con del pesto, aggiungere una fettina di pomodoro pachino, delle mandorle a lamelle e finire con una spolverata di parmigiano. Disporre i bottoncini su una placca rivestita di carta forno e infornare per circa 15 minuti. Ottimi sia serviti tiepidi sia a temperatura ambiente.
 
In abbinamento: andiamo in Liguria con un Golfo del Tigullio Bianco Doc. Prodotto da uve Bianchetta Genovese e Vermentino in proporzioni variabili, è un vino che si presenta di un bel colore giallo paglierino cristallino. Al naso si presenta fine, delicato, con sentori di frutta a polpa bianca, di macchia mediterranea, di ginestra, di finocchietto selvatico e di basilico. Al palato risulta fresco e sapido, morbido, con un ritorno delle note fruttate e delle erbe aromatiche, persistente con finale lievemente ammandorlato.


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venerdì 20 luglio 2012

Tiroler Apfelkuchen


Tiroler Apfelkuchen ancora calda servita alla Wolfratshauser Hütte
Oggi un dolce che profuma di montagne, caratteristico del Tirolo che vede protagoniste indiscusse le mele dell’Alto Adige IGP.

“Sembra che i primi meli in Europa si siano sviluppati in Kazakistan. Le mele arrivarono successivamente in Grecia lungo la via della seta e raggiunsero infine anche l'Alto Adige al tempo delle conquiste romane. In quest'area, la coltivazione delle mele avveniva nel Medio Evo a opera dei monasteri, che erano i depositari delle conoscenze relative ai metodi di coltivazione e alle diverse varietà del frutto. Anche le famiglie contadine sfruttarono per diversi secoli la mela per la propria auto-sussistenza. Già allora, la mela altoatesina veniva esportata al nord attraverso i passi alpini. La costruzione di una linea ferroviaria che attraversava il Brennero, nel 1867, agevolò ulteriormente le esportazioni. Tra il 1880 e il 1890, i frutticoltori altoatesini conquistarono una certa quantità di terre per la coltivazione grazie alla regolazione del corso dell'Adige e alla conseguente bonifica delle zone acquitrinose circostanti. Dal 2005, sono undici le varietà di mele altoatesine che possono fregiarsi del marchio di qualità europeo di "indicazione geografica protetta" (IGP). La denominazione garantisce il riconoscimento delle mele a livello europeo come specialità regionali e tutela inoltre dalle imitazioni e da utilizzi non conformi del marchio. Per i consumatori, il marchio è una garanzia di qualità e certifica l'origine dei frutti e l'impiego di metodi tradizionali ai fini della produzione. Al tempo stesso, documenta che la produzione e la lavorazione delle mele sono effettuate nell'area di provenienza, in Alto Adige. La mela Alto Adige deve soddisfare precisi standard a livello di produzione e superare un rigido sistema di controlli.(tratto da Wikipedia”)

Per il dolce di oggi le mele consigliate sono della varietà Golden Delicious. Dalla forma tondeggiante e dalla buccia di colore giallo, presenta una polpa croccante, succosa e acidula.
 
Tiroler Apfelkuchen
dal libro "I Dolci. Il Gusto di una tradizione nelle Dolomiti"
di Anneliese Kompatscher

Ingredienti
130 g burro
150 g zucchero
1 bustina di zucchero vanigliato
Scorza di limone
2 uova grosse o 3 piccole
200 g di farina
1 cucchiaio di lievito in polvere vanigliato
3 cucchiai di latte
6 mele Golden Delicious

Per Guarnire
Marmellata di Albicocche
Mandorle a filetti
Zucchero a velo

Preparazione
Montate a crema il burro ammorbidito a temperatura ambiente e aggiungete lo zucchero semolato, quello vanigliato, la scorza di limone e una alla volta le uova. Setacciate la farina con il lievito vanigliato e, alternandola con il latte, incorporatela nel composto. Imburrate e infarinate uno stampo a cerniera e versate il composto livellandolo bene. Sbucciate le mele, tagliatele a tocchetti e distribuitele molto accostate sulla pasta senza premerle, perché affonderanno da sole durante la cottura. Far cuocere in forno preriscaldato a 180° per circa 40/45 minuti (fate la prova stecchino). Spalmare la torta con un velo di marmellata di albicocche scaldata e decorare con mandorle a filetti e una spolverata di zucchero a velo.
 
In abbinamento:
un Colli Orientali del Friuli Picolit DOCG. Un vitigno preziosissimo, autoctono, a bacca bianca dalle origini antichissime e sicuramente già conosciuto in epoca romana.  Il nome “picolit” deriva dalle dimensioni ridotte degli acini. Di colore giallo dorato intenso. Al naso è complesso e presenta sentori di miele, di frutta a polpa gialla molto matura, di arancia candita, di mandorla. Al palato ritorna la frutta candita, i fichi secchi, il miele e la vaniglia, vellutato, armonico, sapido, elegante con un finale decisamente importante.
 
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domenica 15 luglio 2012

Involtini di Melanzane


Siamo in piena stagione di melanzane, di questa pianta estiva tipica dell’area mediterranea. Il suo nome sembra derivare da “mela insana”, questo perché il frutto della melanzana al suo interno contiene una sostanza tossica la solanina, che però scompare sia con la maturazione che con la cottura. Ottima nelle diete dimagranti perché ha pochissime calorie e pochissimi grassi ma attenzione perché la melanzana assorbe molto bene i condimenti pertanto non esagerate! Lavate bene le melanzane ma non pelatele poiché proprio nella sua buccia sono presenti sostanze benefiche per il fegato, il pancreas e l’intestino! Quando andate a fare la spesa come capire se si stanno acquistando delle buone melanzane? Il picciolo deve essere attaccato, di un bel colore verde senza parti secche. La buccia deve essere liscia, priva di ammaccature o parti ammuffite. E trucchetto: la presenza di una protuberanza alla base della melanzana indica una bella polpa compatta, soda  e priva di semi.

Involtini di Melanzane alla Sorrentina

Ingredienti per 4 persone
2 melanzane grandi (varietà violetta tonda)
200 g di fiordilatte tagliato a fettine
150 g di prosciutto cotto tagliato a listarelle sottili
Sugo semplice di pomodoro e basilico
Parmigiano grattugiato
Qualche fogliolina di basilico
Olio Extra Vergine d’oliva

Preparazione
Pulire e lavare le melanzane, affettarla a rondelle di circa mezzo centimetro scarso, metterle a bagno in acqua fredda per una venitna di minuti. Sciacquarle, asciugarle per bene e grigliarle. Su ogni fetta di melanzana mettere una fettina di fiordilatte e un po’ di  prosciutto, chiudere la fetta arrotolandola come un involtino. Oliare una pirofila e adagiarvi gli involtini. Coprire con il sugo di pomodoro e cospargere di parmigiano. Infornare per 20 minuti a 180°. Spegnere il forno e lasciare riposare il tutto. Ricordatevi che più lo lascerete riposare più sarà buono. Servire le melanzane tiepide guarnite con basilico.

Abbinamento: senza ombra di dubbio un vino bianco dalla splendida personalità: un Greco di Tufo dal sentore intenso di frutta matura e dal sapore secco, armonico, fresco di buona spalla acida e sapidita.

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sabato 23 giugno 2012

Crostata di Ricotta di Bufala e Pesto


Una torta salata decisamente estiva, accattivante, di sicuro successo. Ottima come antipasto o servita a quadrotti come aperitivo. La ricetta è della mia dolcissima amica Erminia di Atripalda. Lo sapete che la ricotta è il latticino più diffuso e consumato in Italia? Le sue origini si perdono nella notte dei tempi. Il nome deriva dal latino recocta, cotta due volte, in quanto ottenuta dal secondo riscaldamento del siero residuale della cagliatura del formaggio. La Ricotta di Bufala Campana ha ottenuto la DOP da un anno. Cos’è una dop? La D.O.P., “Denominazioni d’Origine Protetta”, è un marchio eurpeo nato per proteggere le produzioni agricole “tipiche”di aree produttive di particolare pregio.Questa ricotta è ricca di proteine e povera di grassi, presenta un'ottima digeribilità e uno scarso apporto calorico. 

Crostata di Ricotta di Bufala e Pesto

Ingredienti
1 rotolo di pasta brisè
250 g di ricotta di bufala
250 g di pesto
80 g di Parmigiano grattugiato
2 uova
6 Pomodorini Ciliegini

Preparazione
Stendere la pasta in uno stampo tondo per crostata imburrato e infarinato o ricoperto di carta forno. In una terrina lavorare la ricotta sino a renderla cremosa, unire tutti gli altri ingredienti, tranne i pomodorini, e mescolare per bene sino ad ottenere un bel composto cremoso. Versare il composto nel guscio di pasta brisè, Decorate con i pomodorini ciliegini tagliati a metà e infornare a forno già caldo 180° per circa 25/30 minuti.

Abbinamento: Vino bianco di medio corpo, fresco, morbido e  possibilmente con qualche sentore di erba aromatica. Perfetto un Riviera Ligure di Ponente Pigato che al palato si presenta caldo, sapido e con sentori di fiori freschi, salvia, miele e mandorle.


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venerdì 15 giugno 2012

Sbrisolona Salata


La Torta Sbrisolona classica (detta anche sbrisolina o sbrisolada) è un dolce tipico della Lombardia e per l’esattezza della città di Mantova. Nasce come dolce “povero” di origini contadine a base di mais, strutto e nocciole e si “nobilita” nel 1600 quando giunge alla Corte dei Gonzaga e nella ricca Mantova. Ecco allora che il burro sostituisce lo strutto, si arricchisce di spezie e zucchero e le mandorle sostituiscono le nocciole. Le Mandorle hanno un significato ben preciso perché rappresentano la Rinascita. Il nome Sbrisolona deriva dal dialetto “brise” ovvero briciole, proprio quelle briciole che si formano quando la sbrisolona viene spezzata rigorosamente con le mani, vietatissimo l’uso del coltello per porzionarla. Anzi la tradizione vuole che questa Torta venga rotta con un pugno al centro proprio per formare le famose “brise”. E’ una torta molto semplice e veloce da preparare che ha la stessa proporzione di ingredienti, non a caso in passato era anche conosciuta come “torta delle tre tazze”. Si conserva per molti giorni in una scatola di latta ed è consigliabile consumarla fredda magari il giorno dopo averla preparata o comunque dopo un 4/5 ore. E’ una torta estremamente burrosa, di una burrosità che avvolge il palato e lo appaga, lo soddisfa. Ecco l’importanza di prepararla utilizzando un burro ottimo.
Qui non trovate la classica sbvrisolona dolce, bensì una versione salata arricchita da pistacchi, pancetta e semini vari e cotta in versione “monoporzione” per poterla assaporare come appetizer.
 
Sbrisolona Salata

Ingredienti
150 g farina 00
3 cucchiai di farina di mais finissima
150 g mandorle e nocciole tritate insieme
150 g parmigiano grattugiato
2 tuorli
150 g burro salato

Inoltre:
25 g pistacchi tostati e tritati a coltello grossolanamente
50 g pancetta dolce a dadini
Semi di sesamo e papavero

Preparazione
Preriscaldare il forno a 170°
Mescolare la farina bianca, la farina di mais, la farina di mandorle e nocciole e il parmigiano. Aggiungere i due tuorli. Aggiungere il burro a tocchetti. Aggrumare il tutto sulla punta delle dita. Il composto non deve risultare omogeneo bensì sbriciolato. Aggiungere infine i pistacchi e la pancetta. Imburrare ed infarinare dei piccoli stampini tondi e sistemarvi l’impasto, sbriciolandolo, ad un’altezza che non superi 1 cm. Decorare con semi di sesamo e semi di papavero. Infornare a 170° per 30 minuti o sino a leggera doratura. Servire freddie e fare comunque riposare qualche ora prima di servire.

In abbinamento: trattandosi di un appetizer molto burroso, in abbinamento proponiamo delle “bollicine” importanti: un Trento Doc Brut Metodo Classico. Di colore giallo paglierino, con un perlage persistente e di grana fine. Al naso si presenta intenso, pulito con marcati sentori di crosta di pane e di nocciola, spiccano inoltre frutta matura e fiori gialli. Al palato è fragrante, secco, fresco, ritornano le note fruttate, di vaniglia e di lievito per una struttura di buon equilibrio e lunga persistenza.


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domenica 10 giugno 2012

Piadina Romagnola


"E' il "pane dei Romagnoli", diceva il Pascoli. I suoi ingredienti sono di una semplicità francescana: farina, acqua e sale.


La piada viene normalmente classificata come pane azzimo, che significa non fermentato, fatto senza l'uso del lievito (dal greco azymos). Nella Bibbia spesso compare questo termine quando si indicava un pane sacrificale la cui natura doveva obbligatoriamente essere pura ed il divieto di usare lieviti (che snaturavano il pane) derivava dal fatto che alla loro azione fisica veniva data una collocazione magica a cui si associava una idea di impurità e corruzione.
Uscendo dalla Romagna è possibile trovare diverse versioni di questa focaccia azzima, tutte di provenienza popolare. Classico luogo di cottura è il focolare (come il forno lo è per il pane con il lievito) e il piano di cottura assume ed ha assunto costituzioni varie e di derivazione antichissima; dalle tegole (testum) degli antichi Romani alla lastra in pietra arenaria per passare al più classico testo in argilla cotta fino ad arrivare alla moderna (ma non molto condivisa dalle piadaiole più tradizionali) piana in ferro.
La piada ha avuto un ruolo importante nell'alimentazione povera della popolazione Romagnola e questo "pane" si è trovato inizialmente sempre e solo nelle tavole delle famiglie Romagnole in sostituzione del pane lievitato quando quest'ultimo non era ancora pronto oppure in occasione dei periodi in cui la miseria non permetteva molte alternative alimentari per cui era necessario un impasto azzimo che riempiva e saziava. 
Da prodotto alimentare casalingo la piadina ha avuto un grande sviluppo di mercato ed attualmente, oltre ad essere consumata localmente, è divenuta articolo distribuito e venduto capillarmente dalla riviera alla collina ed oltre gli stessi confini della Romagna. Molte sono le iniziative e gli avvenimenti legati alla tradizione, alla preparazione ed al consumo della piadina che ogni anno valorizzano questo prodotto. I chioschi delle piadaiole o barachèn 'dla pjida (baracchino della piadina) sono la classica e tradizionale rivendita della piada lungo le strade Romagnole oggi trasformati in vere e proprie mini-casette complete degli usuali confort moderni a cui siamo oramai abituati." 
Testo tratto dal sito Piadina On Line

Personalmente ho seguito pari pari la ricetta così come spiegata nel blog L’Albero della Carambola e ho ottenuto delle piadina praticamente perfette. Non omettete il bicarbonato! E' fondamentale!

Piadina 1

Piadina Romagnola

Ingredienti per 4 piadine di circa 20 cm l'una:
(io ne ho fatte 8 da 10 cm l’una)
150 ml di acqua
un pizzico di bicarbonato
500 gr di farina
un pizzico di sale
70 gr di strutto

Preparazione
Versate in una ciotola la farina con il bicarbonato, lo strutto e l’acqua tiepida con il sale. Lavorare l’impasto affinché gli ingredienti siano bene amalgamati poi trasferite il tutto su una spianatoia infarinata ed impastate ancora un po’ fino ad ottenere un impasto sodo. Mettetelo in una ciotola coperta con pellicola e fate riposare per mezz’ora.Dividete l’impasto in 4 palle e stendete con il mattarello fino ad ottenere dei dischi di circa 20/25 cm. (Io ho diviso l’impasto in palle da circa 105 g l’una per un totale di 8 palline). Fate scaldare una padella antiaderente e fate cuocere le piadine per circa un paio di minuti per lato a fuoco vivace. Durante la cottura bucherellate la piadina con la forchetta e se si dovessero formare delle bolle schiacciatele.

In abbinamento: ovviamente l’abbinamento della piadina dipende dalla sua farcitura. Per una farcitura salata a base di salumi e formaggi il consiglio è di rimarere nel territorio con un Sangiovese di Romagna DOC. Un vino dall’intenso colore rubino che può presentare riflessi violacei. Al naso è vinoso con sentori di viola e di frutti rossi. In bocca è armonico, secco, di buona sapidità,  talvolta tannico con un finale ammandorlato.


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domenica 3 giugno 2012

Käsetorte


Oggi parliamo di un dolce molto conosciuto in Tirolo: la kasetorte o torta dolce di formaggio. La particolarità di questa torta è il formaggio con cui viene preparata: il Quark. Un formaggio fresco molle che inizia a comparire anche sui banchi dei nostri supermercati. Il Quark è originario dell’Europa centrale (Germania, Austria) ed è molto diffuso in Alto Adige. Fonti tedesche documentano di questo formaggio già nel XIV. Il Quark può essere magro o alla panna. Noi oggi parleremo di quello magro prodotto con latte scremato che contiene per 100g solo 90 calorie ed è ricchissimo di proteine. Il sapore è leggermente acido e ricorda vagamente la ricotta. Nella cucina Tirolese è il formaggio più usato nei dolci. E’ proprio il Quark che dà a questa torta quel suo gusto caratteristico. Certo se poi volete ugualmente provare a fare la torta ma non riuscite a trovare il quark, anche la ricotta può andar bene.

E questa è l'ultima ricetta di questa stagione 2011-2012 di Belle in Pentola. Ma con Terry abbiamo deciso di non fermare la rubrica! Rimane pertanto fisso l'appuntamento settimanale qui sul blog e sulla nostra pagina di Facebook.

Käsetorte

Ingredienti per la base x teglia tonda di 24 cm di diametro)

250 g di pasta frolla
700 g di formaggio Quark (o ricotta stemperata con qualche goccia di limone)
60 g burro fuso
130 g zucchero
succo di 1 limone
4 uova (tuorli e albumi)
1 confezione di budino alla vaniglia (per me Vaniglia Bourbon S.Martino)  fondamentale nella preparazione!

Per il Topping
Zucchero a velo
Top al cioccolato Fabbri

Preparazione
Imburrate e infarinate per bene una teglia tonda a cerniera. Stendere la pasta rivestendo anche i lati allo spessore di circa mezzo cm.  Preriscaldare il forno a 180° e preparare la farcia.
Montare i tuorli con lo zucchero. Unire lentamente il preparato per budino. Aggiungere il quark, il limone, il burro fuso, dovrete ottenere una crema densa. Aggiungere gli albumi montati a neve avendo cura a non smontare il composto. Versare il tutto nel guscio di pasta. Infornare per circa 60 minuti. Fare raffreddare nel forno, sformare quando la torta si è completamente raffreddata. Spolverare con zucchero a velo. Servire tagliata a fette guarnita con topping di cioccolato.

In abbinamento: oggi parliamo di un vino dolce molto particolare: il Riesling Eiswein. Eiswein significa vini del ghiaccio, e sta ad indicare quei vini la cui vendemmia tardiva avviene dopo le prime gelate del tardo autunno. Vendemmiati nelle notti di dicembre e subito pressati per evitare che il ghiaccio che si trova sull’acino si sciolga, ottimo metodo per avere la massima dolcezza dall’uva. Se ne otterrà un vino dolce, alcolico, estremamente vellutato, elegante, di colore giallo paglierino dai sentori minerali e di mela cotogna, albicocca, pesca, tamarindo, agrumi canditi. Risulta di buona freschezza e acidità con una buona  persistenza aromatica.

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