venerdì 28 settembre 2012

Radiatori alla Crema di Peperoni


Ma lo sapete che ad ogni colore del peperone corrispondono delle determinate  proprietà?
Verde, depurativo: il peperone ha questa tinta quando viene raccolto in anticipo e ha un gusto pungente. Ideale nella peperonata o nell'insalata. Verdi sono anche i "friarelli": sono coltivati in Campania e, nonostante l'aspetto simile al peperoncino, sono dolcissimi.
Rosso, il più saziante: ha una polpa croccante, spessa e zuccherina: ideale per i pinzimoni e cotto alla brace, sazia in fretta ed è il più ricco di principi nutritivi.
Giallo, antiossidante: è il più tenero e succoso. Combatte i radicali liberi. Ottimo crudo, si usa col pomodoro per rendere corposi i sughi. 
(tratto da www.riza.it)

Radiatori alla Crema di Peperoni

Ingredienti x 4 persone
350 g di pasta Verrigni formato radiatori
2 peperoni carnosi
1 scalogno
50 g pancetta affumicata
30 g burro
100 g formaggio morbido
Sale
Parmigiano grattugiato
Foglie di salvia tritate

Preparazione
In una tegame sciogliere il burro, aggiungere lo scalogno tagliato a velo e la pancetta a cubetti.  Soffriggere per qualche minuto. Aggiungere i peperoni tagliati a listarelle, mezzo bicchiere di acqua calda e fare cuocere a pentola coperta e fiamma medio bassa per una ventina di minuti o sino a che il liquido non è completamente evaporato. Regolare di sale. Passare il tutto al mixer insieme al formaggio cremoso.  Nel frattempo bollire la pasta tenedola al dente, scolarla e saltarla con la crema di peperoni. Servire con una spolverata di parmigiano e di salvia tritata.

Crema di Peperoni con il Bimby
Tritare i peperoni con lo scalogno e la pancetta: 10 sec. vel.8. Aggiungere il burro e cuocere 20 min. 100° vel 4. Aggiungere il formaggio cremoso 10 sec vel 5 se necessario diluire con qualche cucchiaiata d’acqua calda.

In abbinamento: ci troviamo davanti ad un piatto di buona sapidità, grassezza, aromaticità e tendenza dolce, in abbinamento possiamo proporre un Colli Orientali del Friuli Verduzzo Friulano un vino che si presenta con un bel colore giallo dorato. Al naso presenta sentori di albicocca, susina, pesca e miele. Al palato è secco, strutturato, abbastanza alcolico ma di buona morbidezza e persistenza gusto-olfattiva.


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venerdì 21 settembre 2012

Amaretti Sardi


Gli amaretti sardi sono tra i dolci più conosciuti dell’isola. Il loro aspetto, la loro consistenza fragrante all’esterno e morbida  all’interno, il loro intenso gusto di mandorla, li rende sempre molto apprezzati anche oltre i confini sardi. Semplicissimi da preparare sono ottimi da regalare in ogni occasione e nelle feste più importanti. Ogni famiglia ha la sua ricetta che viene tramandata da generazione in generazione.

Amaretti Sardi
ricetta di famiglia di Gian Paolo Lilliu

Ingredienti
300 g di mandorle dolci pelate
60 g di mandorle amare pelate
Scorza grattugiata di 2 limoni
250 g di zucchero semolato
3 albumi montati a neve ferma (4 se le uova sono piccine)
Zucchero semolato
Mandorle intere pelate
Ciliegine candite

Preparazione
Tritare finemente le mandorle con lo zucchero e la scorza di limone. Aggiungere delicatamente gli albumi montati a neve ben ferma. Far riposare il composto qualche ora in frigorifero, se il composto dovesse risultare troppo morbido aggiungere 1 o 2 cucchiai di farina. Formare delle palline grandi come una noce. Rotolarle nello zucchero semolato e disporle in una teglia ricoperta di carta forno. Guarnire le palline con mezza ciliegina candita o con una mandorla intera. Infornare a forno caldo 180° per circa 20 minuti. Gli amaretti devono dorare leggermente ma mantenersi estremamente morbidi all'interno.

In Abbinamento: un profumato vino da meditazione e da dessert: la Malvasia di Cagliari DOC. Un vino che presenta un colore giallo paglierino brillante tendente al dorato. Al naso presenta aromi eleganti, intensi ma nel contempo delicati di fiori e frutta caratteristici del vitigno. In bocca le sfumature vanno dal dolce al secco in perfetto equilibrio, caldo, morbido, di buona struttura, con un caratteristico retrogusto di mandorle tostate.


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venerdì 14 settembre 2012

Carabaccia



La carabaccia è un’antica zuppa di cipolle di origine fiorentina. Nel Rinascimento era una zuppa dolce e speziata a base di cipolle, zucchero, cannella e mandorle. La Carabaccia è a tutti gli effetti l’antenata della famosissima “soupe d’oignons”, non a caso questo piatto è stato fatto conoscere in Francia da Caterina de’Medici. Il nome Carabaccia deriva dal greco e significa barca a forma di guscio, non a caso più tardi il guscio si identificherà con la zuppiera.

Carabaccia
dal libro “Zuppe Toscane” 
di Laura De Vincentis

Ingredienti
5 cipolle bianche
80 g di prosciutto crudo
80 g di salsiccia
Rosmarino
1 bicchiere vino bianco secco
Olio extravergine d’oliva
Pane casereccio
Parmigiano

In cucina con l’Antro:
Casseruola Auriga BergHOFF

Preparazione
Scottare le cipolle per circa 10 minuti in acqua bollente. Farle raffreddare sotto il getto d’acqua fredda e tagliarle a velo. In una pentola di coccio mettere qualche cucchiaiata d’olio e farlo rosolare con il prosciutto crudo tagliato grossolanamente, la salsiccia ben sgranata e il rosmarino. Aggiungere le cipolle e fare prendere un po’ di colore a fuoco medio. Sfumare con un bicchiere di vino bianco secco. Aggiungere infine 1 litro d’acqua bollente e fare bollire il tutto per circa 40 minuti. A questo punto, secondo i vostri gusti, potete passarla al mixer, per renderla una vellutata. Tostare le fette di pane e sistemarne una per scodella. Versarvi sopra la Carabaccia e cospargere di parmigiano. Attendere qualche minuto prima di servire per fare amalgamare per bene i sapori. Prima di portarla in tavola ho aggiunto in ogni piatto una piccola quenelle di ricotta e parmigiano e una spolverata di timo.

Note: Per chi volesse provare la versione Rinascimentale, aggiungere circa 80 g di mandorle sbucciate, tritate e fatte macerare per qualche minuto in aceto e cannella. Al posto del parmigiano spolverare con zucchero e cannella. 

In abbinamento:  imaniamo nel territorio con una vernaccia di San Gimignano DOCG. Questo vitigno arrivò in Italia dalla Grecia nel XIII secolo. Nel 1276 lo troviamo già citato citato negli Ordinamenti di gabelle del Comune di San Gimignano. La vernaccia si presenta con un bel colore giallo paglierino tendente al dorato con l’invecchiamento. Al naso si presenta fine, fruttato, floreale. Al palato è asciutto, fresco, sapido, di buon corpo, armonico di buona persistenza e con  piacevole finale ammandorlato.


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venerdì 7 settembre 2012

Zorama


Arriva l’autunno e inizia a farsi sentire la voglia di dolci semplici, che profumano di casa e di cose buone di una volta. Cosa c’è di meglio di un bel ciambellone per iniziare al meglio la giornata? Oggi parliamo della Zorama, un nome decisamente insolito che sta ad indicare in Toscana una ciambellone attorcigliato, variegato o più volgarmente conosciuto come marmorizzato. Zorare è infatti un termine d’altri tempi che significa attorcigliare, variegare. Non a caso anche l’Artusi racconta di un dolce il cui nome è Zorama che viene da lui definito come  “un dolce, marmorizzato di bianco e nero” ovvero di panna e cacao.

Zorama
ricetta tratta dal libro “Dolcezze di Toscana”
di Giovanni Righi Parenti

Ingredienti

250 g farina
250 g fecola
250 g zucchero
3 uova medie
150 g latte
100 g burro
la buccia grattugiata di un limone
un pizzico di aroma alla vaniglia
1 bustina di lievito per dolci
50 g di cacao in polvere
50 g di schegge di cioccolato fondente
Zucchero a velo

Preparazione
Preriscaldare il forno a 180°. Impastare tutti gli ingredienti e dividere la pasta in due parti. In una si aggiungerà il cacao in polvere e nell’altra le schegge di cioccolato. Si imburra uno stampo da ciambellone e, con una tasca da pasticceria a bocchetta larga, fare un primo fondo di uno dei due impasti cui seguirà il secondo che andrò a riempire i vuoti lasciati dal primo. Si può utilizzare anche un cucchiaio versando l’impasto a cucchiaiate alternate nello stampo. Si completa con una spolverata di zucchero vanigliato e si inforna per circa 45 minuti (fate la prova stecchino). Fare raffreddare prima di sformare il dolce. Servire cosparso di zucchero a velo.

In abbinamento: il dolce va abbinato per concordanza, e per questo dolce rimaniamo anche nel territorio toscano con un Vin Santo del Chianti DOC. Un vino che arriva le cui radici affondano in tempi lontani quando la sua preziosa preparazione veniva tramandata oralmente da padre in figlio. Trattasi di un vino passito o vino della paglia perché le uve che servono per la sua produzione vengono raccolte a settembre e fatte appassire o appese alle “penzane” o su stuoini di paglia sino a gennaio . Ne otteniamo un vino dolce dal bellissimo colore ambrato. Al naso si presenta intenso, etereo, con spiccati sentori di frutta candita, miele, vaniglia, uva passa e speziatura dolce. In bocca è vellutato, caldo, una buona spalla acida bilancia la dolcezza rendendo il vino armonico. Il finale è lungo e piacevole.


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